Gio. Nov 21st, 2024

Manifesto

Il 2 dicembre 1924 «La Rivoluzione Liberale» di Gobetti pubblicava in prima pagina l’Appello ai Meridionali (redatto da Guido Dorso e sottoscritto da tredici intellettuali meridionalisti). Anticipando per certi versi le tesi che saranno poi espresse ne La Rivoluzione Meridionale, Dorso indirizzava un appello a tutta la popolazione meridionale invitandola a dar corpo, forma e vita ad un impegno politico e civile per il Mezzogiorno. Noi intendiamo ripartire da lì, dall’ultimo appello, e riformulare le prospettive e i progetti sulla base delle nuove condizioni in cui versa il Sud d’Italia nell’era della tecnica.

Oggi la società postmoderna richiede la definizione di una nuova visione della politica e della partecipazione attiva alla luce di un progressivo recupero della sfera della libertà individuale all’interno di una dimensione collettiva. Nella società atomizzata della tecnica, gli uomini non si distinguono per originalità di posizioni, ma rischiano di essere considerati essi stessi dei mezzi o degli ingranaggi all’interno di un meccanismo di produzione di cose. In questo orizzonte crepuscolare le nostre attività hanno lo scopo di contribuire alla costruzione di un senso comune, contrastando apertamente la tendenza tecnocratica al livellamento delle differenze.

Attraverso un’azione programmatica e pragmatica, il nostro Appello ai meridionali ha lo scopo di invitare a ripensare lo spazio pubblico, conservando al contempo la dimensione della libertà del soggetto politico, ma con il fine ultimo di salvaguardare l’interesse collettivo. Difatti MetaSud è uno spazio culturale di chiaro stampo meridionalista e democratico; i mezzi di cui ci serviamo per raggiungere gli obiettivi delineati nel programma sono davvero molti (rivista digitale, canale Youtube, canale Spotify, eventi culturali, strumenti di partecipazione popolare, inchieste, social network). Ma tutte le nostre attività sono accomunate da un unico fil rouge: tornare ad occuparsi della condizione del Mezzogiorno, inteso come luogo della conservazione di valori autentici, immuni dal tentativo di cancellazione dell’eredità storica e della consapevolezza della propria condizione materiale e morale. L’era della tecnica mette in grave difficoltà la consapevolezza culturale e la preservazione delle radici; perciò riteniamo necessario, vitale intervenire ora. Senza attendere che sia troppo tardi. 

La nostra comunità ha appunto pensato un programma per raggiungere questi obiettivi, premurandosi di individuare tre macro-aree d’intervento: regionalismo, cultura popolare e partecipazione democratica.
In primo luogo, in materia di regionalismo oggi più che mai si dimostra urgentissima l’analisi della Legge Calderoli (c.d. legge sull’autonomia differenziata). Così come delineata, e sulla falsariga della mai compiutamente attuata riforma del Titolo V, l’autonomia differenziata rappresenta un serio rischio per il Mezzogiorno. Il divario tra Nord e Sud, da oltre un secolo e mezzo oggetto dell’attenzione delle più fulgide menti della nostra terra, rischia ancora una volta di acuirsi; l’emancipazione della popolazione meridionale oggi pare essere sacrificata sull’altare della realpolitik e del compromesso istituzionale (leggi baratto autonomia differenziata-premierato). 
Poiché è sempre bene precisarlo, la nostra azione politica di contestazione non si limita ad opporre un crudo, sterile rifiuto alla riforma Calderoli; al contrario, il regionalismo degli albori non rappresenta per noi un dogma religioso e la nostra attività di ricerca e di studio è parimenti finalizzata a scovare nuove formule che permettano di contemperare l’unità dello Stato con le esigenze di autonomia, tutelando tuttavia i diritti fondamentali della popolazione (non solo meridionale).

In secondo luogo, quanto alla cultura popolare, è per noi fondamentale difendere e valorizzare la cultura del Sud – ancora resistente ai ritmi e alle trasformazioni che impongono il livellamento delle differenze identitarie -, al fine di conservare quell’umana dimensione che ancora resiste ai ritmi della società di massa. Per questo, abbiamo avviato un programma di protezione e conservazione del patrimonio culturale del Mezzogiorno: attraverso un piano di inchieste e di interviste intergenerazionali (messe senza nessun costo al servizio della popolazione), raccogliamo frammenti di microstoria e li organizziamo in maniera sistematica, in maniera da permettere alla popolazione meridionale di conoscere le proprie radici. L’obiettivo è chiaro: fornire un antidoto al nichilismo e allo sradicamento culturale, mettendo al servizio della gente del Sud gli strumenti per non lasciarsi attraversare dalla storia.  

In terzo luogo, la partecipazione democratica: non possiamo pensare di occuparci della questione morale del Mezzogiorno senza andare all’origine del cortocircuito politico che lo ha precipitato nella condizione in cui è oggi. La partecipazione popolare, con particolare riguardo alla condizione dei Comuni, è in larga misura ostaggio dello strapotere dei politici locali, del clientelismo e del baratto elettorale. A tutto ciò si somma l’inadeguatezza degli strumenti di partecipazione popolare, e i risultati non possono che essere la paralisi e l’affermazione del potentato elettorale (leggi satrapia politica).
Per queste ragioni, le nostre attività al riguardo si declinano in tre micro-riforme: introduzione degli strumenti di partecipazione popolare adeguati, attraverso la riforma dei regolamenti comunali; creazione dei centri di produzione giuridica, in cui gli intellettuali e i giuristi meridionali potranno mettere la tecnica giuridica al servizio della popolazione; e attuazione delle primarie civiche comunali, unico, ultimo strumento per garantire una partecipazione reale degli elettori alla creazione dei programmi e alla scelta dei candidati.

MetaSud è uno spazio, un luogo (fisico e metafisico al tempo stesso) in cui il fine, la meta è quel Sud che oggi rischia di essere abbandonato, sradicato e poi asservito. Si va verso Sud, pur rifuggendo ostinatamente dalle distorsioni identitarie di certo sudismo, e perciò con l’obiettivo di trascendere quel confine che lo vuole relegare a ghetto sociale e politico. Allora, alla maniera greca, l’obiettivo diventa anche andare oltre (meta) quel Sud.