Dom. Dic 22nd, 2024

La caduta di Assad, il crollo del potere iraniano e l’incertezza del futuro

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La caduta del regime di Bashar al-Assad segna uno spartiacque nella geopolitica mediorientale. Questo evento, da molti analisti definito come una sconfitta strategica di proporzioni storiche per l’Iran, mette in discussione un sistema di alleanze costruito con pazienza lungo quattro decenni. La Siria degli Assad non era solo un alleato, ma un’architrave della strategia regionale di Teheran: un corridoio per proiettare potenza e consolidare la rete di relazioni con gli attori non statali del Levante.

La perdita del controllo iraniano sul territorio siriano, così cruciale per il transito di risorse e supporto logistico a Hezbollah e ad altri gruppi filo-iraniani, mina l’efficacia dell’intera architettura dell’asse di resistenza. Tuttavia, esso è anche il simbolo di un declino più profondo, che rivela i limiti di un’espansione geopolitica sempre più insostenibile per la Repubblica Islamica.

LA SIRIA NEL DISEGNO IRANIANO – Per comprendere la portata del cambiamento, è necessario tornare al ruolo che la Siria ha giocato nella strategia iraniana. Non si trattava semplicemente di un alleato. Damasco era il crocevia logistico e simbolico dell’influenza iraniana, tassello fondamentale per il contenimento di Israele e il rafforzamento di Hezbollah. Attraverso la Siria, l’Iran ha proiettato la sua ideologia rivoluzionaria nel Mediterraneo orientale, rafforzando la narrativa della resistenza contro il “nemico sionista” e consolidando un equilibrio di potere asimmetrico contro le potenze regionali sunnite, in primis Arabia Saudita e Turchia.

La caduta del regime ora frantuma questa rete. L’assenza di Assad implica un’interruzione delle linee di rifornimento, una perdita di legittimità ideologica e un vuoto geopolitico che altre potenze si stanno già affrettando a colmare. La Siria post-Assad è un mosaico frammentato: forze curde, milizie jihadiste e gruppi vicini alla Turchia si contendono il controllo, rendendo impossibile per l’Iran ristabilire l’ordine che aveva costruito con fatica.

NECESSARIO RICALIBRARE – Di fronte a questa frattura, l’Iran ha avviato una strategia di adattamento che si sviluppa su più livelli. A breve termine, Teheran ha cercato di mantenere contatti diretti con frammenti della nuova leadership siriana, un tentativo di limitare le perdite. Tuttavia, la frammentazione del potere a Damasco rende queste relazioni instabili e potenzialmente inefficaci. Sul piano regionale, l’Iran ha intensificato il suo sostegno ad attori alternativi, come le milizie sciite in Iraq e gli Houthi nello Yemen, cercando di compensare la perdita del Levante con un rafforzamento su altri fronti.

Ma il costo di questa strategia è elevato. La pressione economica interna, decisamente aggravata dalle sanzioni internazionali, limita le risorse disponibili per sostenere un’agenda estera così ambiziosa. Inoltre la percezione crescente di un declino strategico mina la coesione interna della leadership iraniana, evidenziando tensioni tra i conservatori radicali e le fazioni più pragmatiche che chiedono un ridimensionamento delle ambizioni regionali.

L’OMBRA DEL NUCLEARE E IL BIVIO – Un possibile esito di questa crisi potrebbe essere l’accelerazione del programma nucleare iraniano. Teheran potrebbe considerare il rafforzamento del proprio arsenale nucleare come un modo per compensare le perdite strategiche subite e ristabilire una deterrenza credibile. Ovviamente questo scenario comporta rischi enormi. La risposta internazionale sarebbe probabilmente dura, con nuove sanzioni e forse un intervento militare preventivo da parte di Israele o degli Stati Uniti (la rielezione di Trump non lascia immaginare scenari differenti). Anche se un’escalation nucleare isolerebbe ulteriormente l’Iran, lasciandolo privo di alleati significativi nella regione. Lo scenario è ancora tutto da determinare.

La caduta di Assad rappresenta per l’Iran una frattura nell’asse di resistenza e al contempo un’opportunità per ripensare il proprio ruolo nel Medio Oriente. Con l’assenza del regime siriano come alleato chiave, Teheran si trova costretta a ridefinire le sue priorità, concentrandosi su posizioni consolidate come Iraq e Libano, e valutando la possibilità di un dialogo con le potenze sunnite per evitare l’isolamento regionale.

Il futuro dipenderà dalla capacità della leadership iraniana di abbandonare ambizioni espansionistiche insostenibili e di adottare una strategia più pragmatica e bilanciata. Questo momento critico potrebbe segnare il passaggio da un’egemonia ormai sfumata a una politica più realista e adattabile, in grado di mitigare i rischi interni ed esterni di un isolamento crescente.

di Domenico Birardi

Attivista politico e studente della Facoltà di Giurisprudenza a Taranto all'Università Aldo Moro.

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