FESTIVAL DELLA STORIA DEL NOVECENTO – Endemica e conclamata è l’inefficienza dei programmi scolastici nell’affrontare la Storia del Novecento. Sacrificata al rush finale del percorso di studi, in frettolosa prossimità dell’esame di Stato, poco o niente si riesce ad accennare in classe, del secolo che più di ogni altro, per evidenti ragioni di contiguità temporale, spiega il presente, ne fornisce le radici interpretative e permette di muoversi con orientamento nella labirintica complessità della contemporaneità.
Con ogni probabilità, in una certa misura, si innesta su questo bisogno, nelle intenzioni degli organizzatori, il Festival di Storia del Novecento: Contesti alla sua edizione zero ma nato sotto i migliori auspici di diventare un sempre più ampio momento annuale di confronto e analisi.
Una tre giorni organizzata da Arci Gagarin e Fucina Novecento con la partecipazione del Comune di Taranto presso la Biblioteca Acclavio. Luogo sempre più vivo, frequentato da generazioni, estrazioni sociali, livello di approfondimento culturale molto diversi. Arci Gagarin che si fa promotrice di un livello di dibattito accademico che manca alla città e che impedisce agli operatori politici di attingere a visioni di insieme, a slanci ideali, ma anche a disponibilità di dati e ricerche che possano orientare le politiche pubbliche in maniera lungimirante ed efficace. L’urgenza di produrre un luogo dell’elaborazione politica in chiave accademica, e al contempo di educazione ed istruzione delle nuove generazioni allo scopo di abituarci tutti alla riflessione lunga, paziente e, soprattutto, collettiva.
Tre i libri proposti quest’anno, di autori di pregio intellettuale e di curriculum accademico solido. E tre, di rimando, i temi proposti di cui c’è assoluto bisogno nell’ottica di un immediato confronto con l’attualità.
IL FASCISMO IMMAGINARIO – “Fascismo Immaginario, Riscrivere il passato a destra” di Andrea Martini dottore di ricerca all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
Una ricostruzione storica sui mezzi editoriali che all’indomani della guerra coloro i quali erano stati fascisti, e mancavano di una elaborazione che prendesse le distanze da quella fase, cominciarono ad adoperare per ricostruire ed imprimere in profondità un nuovo immaginario fascista che potesse sopravvivere al nuovo assetto repubblicano democratico. Sminuendo, depurando, edulcorando, scindendo le fasi della storia del ventennio secondo interpretazioni minimizzanti, rendendo un’ideologia e una prassi sconfitte dalla storia, per propria stessa smania di grandezza e tendenza all’eccesso, qualcosa di narrabile alla luce del sole in un sistema politico ribaltato e nato sulla scorta proprio della resistenza al regime che ne era scaturito.
L’uso della produzione culturale per agire in profondità sulle coscienze e sedimentare una cultura latente e in certe fasi anche protagonista della storia Repubblicana in un clima di consenso tacito e residuale ma largamente presente.
La lezione storica di come la cultura sia lo strumento che necessariamente si accompagna al potere e ne lascia una traccia viva anche quando sprofonda in una dimensione surrettizia.
L’ITALIA DELL’ANTROPOCENE – ”L’Italia dell’Antropocene, Percorsi di storia ambientale tra XX e XXI Secolo” di Gabriella Corona, dirigente di ricerca presso l’Istituto di Studi del Mediterraneo del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
L’impatto dell’uomo sul pianeta è, a partire dalla seconda metà del settecento, così forte da determinare un mutamento di era geologica (sebbene le scienze dure ancora non abbiano ufficializzato tale riconoscimento), influire sugli ecosistemi, invertire le previsioni climatiche dei lunghi periodi glaciali e interglaciali. Il protagonismo umano sul pianeta, che è antagonismo del rispetto dei suoi cicli naturali, declinato ad un livello della narrazione che più ci avvicina alla nostra capacità di agire. Una storia ambientale dell’Italia contemporanea attraverso l’analisi delle politiche pubbliche, dei movimenti di tutela del paesaggio e dell’estetica prima, della vera e propria salute ambientale poi. La gestione dell’idrografia, le fragilità sismiche, gli eventi metereologici estremi, le necessità di produzione energetica di pari passo con lo sviluppo industriale, il consumo di suolo. Elementi antropici ed elementi naturali insieme sotto la lente della ricostruzione storica e delle scienze umane, nel tentativo di affermare la necessità di queste di intervenire nel dibattito sui cambiamenti climatici delle scienze dure, perché in realtà fornitrici delle chiavi di interpretazioni più utili ad instaurare subito un mutamento delle riflessioni necessarie all’indirizzo delle politiche pubbliche e della coscienza sociale.
Uno sforzo di cui non possiamo non essere grati all’autrice e che ci orienta sui modi, i tempi e le forze della storia che ci hanno condotto a tal punto sulla via del surriscaldamento globale.
LENIN, IL RIVOLUZIONARIO – ”Lenin, il rivoluzionario assoluto” di Guido Carpi docente di Letteratura Russa all’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
Un testo che ha due meriti immediati: riapprocciare con uno dei personaggi politici più influenti del Novecento, farlo senza i due eccessi opposti che hanno sempre interessato la figura: da un lato la totale demonizzazione, dall’altro la soggiacente ammirazione. Una riflessione sull’uomo che definisce di volta in volta e adeguandosi con sorprendente rapidità alle contingenze più mutevoli, i modi dell’agire pratico di una ideologia ereditata dagli studi di Marx. Che si inventa una pratica dei processi che conducono alla rivoluzione, che interpreta prima di ogni altro le cesure della storia che si è trovato a vivere, e che immediatamente, e con le idee più chiare di ogni altro suo contemporaneo, vi si è lanciato a capofitto. Non sempre vincente, ma mai arreso alle sconfitte. Un uomo restituito alla sua dimensione umana, con le qualità e i difetti di ognuno ma con l’interrogativo dominante di come lavorare quotidianamente per raggiungere l’utopia, attraverso gli scritti, gli incontri
clandestini, le assemblee, le reti di relazione, l’organizzazione della struttura partito prima e di una nuova burocrazia in uno stato collassato poi, passando per l’improvvisazione di uno strumento militare efficace alla difesa della rivoluzione.
L’insegnamento storico che la prassi è il frutto di riflessioni teoriche e di pazienti analisi, che lo sguardo vigile e acuto è elemento necessario alla comprensione e all’anticipazione dei fenomeni sociali e politici. Che un paradigma non è dato fortificato e immutevole ma è il frutto di rielaborazione costante.
Metodo più che soluzioni, approccio più che elementi dati per acquisiti. Una guida all’attivista di oggi che cerchi da qualche parte il modo di agire per condurre in avanti le sue idee, di sviluppare consenso intorno ad esso e provi ad immaginare le nuove forme della partecipazione collettiva all’ideale.
TEMI CRUCIALI PER RIFLETTERE SUL PRESENTE – Temi che restano sedimentati nella memoria e negli obiettivi dell’agire di chi ha partecipato, che rilanciano riflessioni e motivano approfondimenti ulteriori, che interrogano sulle direzioni da prendere intorno alle tre problematiche che ne risultano: come affrontiamo il fascismo e come rilanciamo una narrazione valoriale che sappia contrastare il riaffiorare dei suoi metodi in qualità di soluzioni del presente? Come ci poniamo di fronte alle nuove politiche pubbliche necessarie alla transizione ecologica, argomento peraltro scomparso dal dibattito pubblico a partire dallo scoppio delle due guerre che maggiormente turbano i sonni occidentali e conducono verso il riarmo generalizzato? Come troviamo le nuove forme dell’organizzazione politica che sappiano produrre mutamenti reali a partire da uno sforzo ideale prima, teorico poi?
Su queste domande rilanciamo il nostro agire nel prossimo futuro, motivati a lavorare nella direzione della ricerca delle risposte a questi interrogativi. L’auspicio è ritrovarci ad una prossima edizione ancora più ricca ed ancora più partecipata per ragionare insieme di questi temi e di tanti altri che il novecento ci consegna in eredità.