Gio. Set 19th, 2024

Un 25 aprile per la sofferenza palestinese – La storia contro il presente

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Il 25 aprile un comitato costituito da realtà provenienti da Taranto e dalla rispettiva provincia, ha indetto una mobilitazione a favore della tragedia palestinese.

Più volte noi di MetaSud abbiamo ravvisato la necessità di esprimere dissenso nei confronti dei tragici accadimenti palestinesi in qualità di opinione pubblica informata e consapevole. I rapporti di forza di una democrazia, ma di qualunque potere statuale, non possono non tener conto dell’opinione pubblica interna. Concetto che sta particolarmente a cuore al nostro modo di pensare, talmente vero da dover essere autoevidente, ma che paradossalmente incontra una generale sfiducia che scoraggia l’azione concreta dei più. 

Questo 25 aprile, quindi, con partenza dall’Arsenale di Via di Palma a Taranto, quelle realtà che ci hanno ospitato in tutta la provincia, per discutere a fondo della questione palestinese, hanno federato i loro sforzi per provare a dedicare il forte retaggio simbolico della nostra Resistenza partigiana a quell’angolo di mondo in stato di drammatica sofferenza. 

I temi fondamentali della manifestazione spaziano cominciando dalla denuncia di genocidio ai danni del popolo palestinese che sta compiendo il suo corso presso la Corte Internazionale di Giustizia ma che a dispetto dei tempi e dei metodi della giustizia internazionale già i fatti confermano brutalmente ogni giorno: attraverso i bombardamenti, la riduzione alla fame, gli sfollamenti dalle proprie case, l’attacco agli ospedali e ai soccorsi umanitari compiuti dalle forze israeliane.

Trovano spazio di rivendicazione anche l’opposizione all’economia di guerra che sempre di più si sta affermando in Occidente allo scopo di sostenere il bisogno di armi e munizioni che le guerre richiedono in quantità sempre più elevate. I nuovi ingenti stanziamenti militari stanno già riducendo le disponibilità per un welfare già strutturalmente in ginocchio, una sanità pubblica sempre meno efficiente e un’istruzione che non è più capace di assolvere alle sue funzioni, limitata nella disponibilità di strutture, personale e offerta didattica.

L’economia di guerra non è cosa facile da scardinare una volta reindirizzato lo sforzo produttivo, ogni prodotto in un’economia capitalista ha bisogno di un mercato di sbocco, e quando un mercato non c’è o langue, lo si crea. Le conseguenze di questo assioma sono ben immaginabili: una politica estera a servizio dei potentati economici militari, i redditi generati e diffusi dalle commesse militari che capillarmente diffondono consenso intorno alla propria ricchezza generata. Un corpo sociale che si assuefà all’idea della guerra come elemento fondamentale del complesso sistema dell’agire umano.

Scenderemo in piazza nel giorno che ricorda la nostra Resistenza di fronte al grande odio che vide nella distruzione di massa della seconda guerra mondiale e nel genocidio degli avi di coloro che oggi hanno dimenticato, il suo apice di terrore. 

Una lezione storica, a congedo di questa richiesta di mobilitazione contro l’indifferenza, perché i governi sappiano che il massacro non è in nostro nome e che va cessato, viene dalla riflessione di un compagno, uno degli attivisti più presenti di questo comitato organizzatore. A Laterza, in  uno dei nostri appuntamenti, questo compagno ci fece riflettere su una questione: quando erano gli ebrei ad essere condotti nei campi di sterminio, i nostri avi combatterono e morirono anche per loro, mettendo a repentaglio tutto ciò che avevano di prezioso (la vita e gli affetti) pur di sconfiggere quel potere oscuro che credeva nel massacro di un popolo come fattore di stabilità sociale. 

Nel giorno della nostra Resistenza, quindi, dovremmo anche rivolgerci agli israeliani stessi, e chiedergli di non voltarsi davanti al loro governo e alle frange estremiste che ne legittimano l’azione criminale. A quei dissidenti che pure necessariamente ci sono, ma anche alle masse ancora indifferenti, di dire con forza che non ci stanno. Che il popolo che ha subito uno dei peggiori stermini di massa della storia, smetta di compierne uno ai danni di un altro popolo.

di Antonio Erario

Attivista politico, appassionato di storia e geopolitica.

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