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La bestia di Gévaudan, il lupo mannaro della Francia meridionale

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Molte credenze riportano avvistamenti di creature orrende e fameliche come i lupi mannari. Asia, America, India, Africa e persino Europa testimoniano questo tipo di incontri, ma nessuno è documentato con così tanto dettaglio come l’accaduto di Gévaudan. La devastante piaga della bestia di Gévaudan ha terrorizzato per anni i contadini della Francia Meridionale, tanto da divenire quasi dannatamente credibile.

Intorno al 1760, nella regione dell’Alvernia, i contadini tremavano dinanzi ad una voce, che prendeva piede ormai da qualche mese, sulla presenza di un lupo mannaro nella regione. Un uomo un giorno venne ritrovato morto fra i campi con il corpo completamente dilaniato e squartato. Il nome che i locali davano a questa creatura era “Loupgarou” (letteralmente licantropo). Nei giorni successivi, le vittime si moltiplicarono a macchia d’olio, bagnando col sangue intere zone di raccolto. Molti testimoni affermavano che i cadaveri venivano ritrovati con gli stessi segni del primo uomo e che venissero lasciati quasi totalmente dissanguati, stimando che il lupo avesse un’innata sete per questo liquido. A causa della crescente paura, diversi contadini abbandonarono le loro case e fuggirono. Ben presto le voci si sparsero per tutta la Francia, e dipingevano la bestia come un famelico lupo dall’aspetto umanoide, in grado di camminare su due gambe.

Nel 15 gennaio 1765, un episodio terribile contribuì ad ampliare il terrore per questo mostro misterioso. Un pastore di nome Pierre, dopo un’attesa lunghissima, uscì di casa per cercare il suo giovane figlio che era uscito da diverse ore per portare al pascolo il gregge. Ritrovò il corpo mutilato del figlio fra le pecore che belavano intorno ad esso. Il triste pastore riportò a casa il cadavere e mentre si disperava, si sentiva osservato da qualcosa o qualcuno fuori dalla finestra. Udendo inoltre dei ringhi, si precipitò a guardare e dopo aver visto un muso orribile, prese il suo moschetto e sparò alla creatura. La bestia venne ferita, ma fuggì nelle ombre, lasciando dietro di sé delle grandi tracce. Nonostante il pericolo fosse scampato, il pastore continuò a sentire forti ululati nel cuore della notte.

Qualche giorno dopo, alcuni ragazzini stavano giocando a nascondino in un campo vicino. All’improvviso uno dei fanciulli venne assalito dalla belva. I suoi amici chiamarono aiuto ed un contadino utilizzò il suo forcone per infilzare il dorso del mostro, che gettò un urlo ferocissimo di dolore. Col sopraggiungere di altri contadini, la bestia riuscì a scappare nuovamente, ma almeno il ragazzo ne uscì illeso dall’accaduto.
Una petizione dei cittadini della regione venne accolta da Luigi XV che organizzò un distaccamento di dragoni con la missione di stanare una volta per tutte quella bestia. I soldati del re cercarono di trovare la creatura per svariati giorni, ma senza successo. Esattamente dopo il fallimento delle ricerche, ebbe inizio il periodo più sanguinoso della belva. Quello, divenne noto come “Il tempo della morte”. Gli attacchi avvenivano quasi quotidianamente e i bersagli preferiti erano donne e bambini.

Qualche tempo dopo, grazie al marchese d’Apcher venne istituita un’armata per concludere una volta per tutte l’orrida faccenda. Centinaia di uomini si organizzarono in folle inferocite per prendere parte alla spedizione. Un cacciatore di nome Jean Chastel, famoso tiratore scelto, prese parte all’evento. Egli preparò delle munizioni speciali per le sue armi: dei proiettili d’argento ottenuti dalla fusione di un calice benedetto da un sacerdote.

La spedizione avanzava nelle ricerche, e Chastel notò delle tracce ben evidenti nella terra, sino a quando non apparve dalle viscere dei boschi, con intenzioni ostili, esattamente la bestia di Gévaudan. Prontamente, Chastel, vedendo la creatura avanzare verso di lui su due zampe, come un uomo, sparò un colpo mirato al cuore, uccidendo la bestia definitivamente. Dopodiché, il cacciatore aprì il ventre della creatura, scovando resti umani, pertanto confermando che la bestia era ormai sistemata. Quest’ultima fu in seguito impagliata ed esposta nella reggia di Versailles dal marchese, che venne ricoperto di onori e omaggi.

Venne stilata una lista di vittime della bestia e si cercò di ricostruire il quadro dell’evento nei secoli successivi. Molti sostenevano che si trattasse di un leone o una iena maculata scappata forse da uno zoo o un circo, ma le testimonianze degli autoctoni non avevano dubbi: si trattava di un vero e proprio lupo mannaro.  

di Mattia Carlucci

Sono uno studente di Storia dell'Arte di Lecce, con laurea al DAMS e ho la grande passione per le civiltà antiche. Scrivo articoli per Metasud su diverse storie mitologiche, aneddoti storici ed interviste a giovani ragazzi del Sud. Gestisco anche un canale Youtube chiamato "La Landa del Sole" dove parlo di giochi di ruolo e mondi fantasy. Credo fermamente nel progetto editoriale e spero che il mio amore per la scrittura sia un valido alleato alla causa.

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