Mer. Gen 15th, 2025

Immigrazione nell’arte del fine ‘800 e inizio ‘900

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Sin da quando i flussi migratori hanno iniziato ad avere un’incidenza nella società, la storia dell’arte ha raccolto storie e vicissitudini tali da immortalare questo fenomeno pieno di storia.

Dalla seconda metà del 1800 sino ad oggi, vari artisti hanno espresso la sensazione di dispersione, amarezza e speranza nel viaggio dei soggetti.
Prenderò in esame una manciata di opere, tra il1850 e il 1940, solo per mostrare una chiave simbolica e sociale di quelli che erano le aspirazioni, i sogni e anche le condizioni di chi decideva di lasciare la propria terra in cerca di fortuna o nella speranza di fuggire da situazioni difficili, esattamente come oggi insomma.

Prendiamo due opere: Gli emigrati di Victor Charles Hageman (1910) e la Nave dei migranti (1939-1941) di Lasar Segall.

Nel primo dipinto scorgiamo otto figure in penombra, vestiti con abiti poveri, che camminano verso un altrove fuori dalla tela. Cinque di questi guardano verso lo spettatore, quasi a cercare conforto o comprensione per la loro situazione. Fra di loro, spiccano in primo piano la ragazzina dalla veste rossa e la donna dall’abito bianco, quasi a voler simboleggiare sangue e luce, fornendo una chiave di lettura violenta: la figlia ancora viva, scappa da una situazione di guerra ove la madre non è riuscita a fuggire, oppure viceversa.

Il quadro successivo illustra una situazione più che contemporanea: tramite una visione dall’alto, scorgiamo una nave traboccante di gente. I colori sono di un giallo mostarda, in contrasto con le acque marine, dipinte di un grigio fumo, a voler rimarcare una situazione percepibile dalla seconda rivoluzione industriale. Se ci focalizziamo su piccoli gruppi di soggetti, questi sono assenti nella presenza. Sguardi vacui, nessun sentimento, solo volti immersi forse in litanie di buon auspicio per il viaggio o forse già rassegnati ad un futuro incerto e degradante. A mio dire, il quadro è quindi un encomio alla speranza nella profonda amarezza del vivere.

Tuttavia, lungi da me mostrare i flussi migratori sotto una chiave necessariamente negativa, propongo un ulteriore esempio sotto una prospettiva migliore: esaminiamo L’ultimo sguardo dei migranti verso casa di Richard Redgrave (1858).

In questo olio su tela, l’artista propone una composizione vedutista con nell’angolo a destra i protagonisti, cioè un gruppo di migranti, forse una famiglia. L’ambiente è rurale con uno stile che rimanda all’Impressionismo e ai Macchiaioli. La sensazione di rimando all’apparenza sembra negativa, soprattutto se si osservano i ragazzini e la donna sulla destra. Alcuni guardano indietro, probabilmente ricordando il luogo dove sono cresciuti e dove lasceranno molti ricordi, una di loro piange sulla donna, seduta, che l’unica azione che intraprende è osservare l’uomo in piedi (forse suo marito). L’uomo, d’altra parte, è in posizione contemplante, con in mano il suo berretto.
Lo vediamo di tre quarti, quindi è difficile supporre se sia triste o felice. Eppure, propongo questa modalità di visione. Se si traccia con l’immaginazione una linea obliqua che parte dal suo sguardo sino a sinistra, scorgiamo che nell’angolo in alto vi è una casupola dal tetto a spiovente e dalla facciata bianca. Potrebbe essere la loro casa, che ora in poi sarà di qualcun altro.
Ma allora perché potrebbe essere felice?
Secondo il mio parere, la consapevolezza dell’uomo di aver portato a compimento un progetto di vita del genere (l’edificazione di una famiglia e la costruzione di una casa), accanto alla speranza, per lui a questo punto certa, di poterci riuscire di nuovo, lo porta ad essere nostalgico, ma felice. Escluderei per ovvie ragioni che quella casa sia in realtà la loro destinazione semplicemente per il titolo.

Concludo questo articolo con questo aforisma di Antonio Muñoz Molina:
“Sa che cosa sto aspettando? Che arrivino i nuovi scrittori figli di immigrati, che arrivino e ci raccontino la nuova Spagna meticcia. Chissà come sarà il romanzo di una giovane spagnola nata in una famiglia musulmana tradizionale”.

Sitografia per le immagini:

di Mattia Carlucci

Sono uno studente di Storia dell'Arte presso l'Università di Lecce, con laurea in DAMS. Ho la grande passione per le civiltà antiche, in particolare per l'Antica Grecia. Scrivo articoli per Metasud su storie mitologiche, aneddoti storici, opere d'arte ed interviste a giovani ragazzi del Sud. Gestisco anche un canale Youtube chiamato "La Landa del Sole" dove parlo di giochi di ruolo e mondi fantasy. Credo fermamente nel progetto editoriale.

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