Nel contesto attuale, con un preoccupante clima di tensione sociale, l’antisemitismo che galoppa e il bellicismo che si impone come cultura dominante, le dichiarazioni del Ministro Valditara, rilasciate il 18 novembre 2024 in occasione della nascita della Fondazione Cecchettin, non possono lasciare indifferenti. Affermare che il patriarcato non esiste più (causa la “rivoluzionaria” riforma del diritto di famiglia del 1975) e attribuire la responsabilità dei femminicidi e delle violenze di genere esclusivamente all’immigrazione clandestina rappresenta una semplificazione pericolosa e fuorviante, a tratti irreale, della condizione italiana.
IL VALORE DEI NUMERI – Dati alla mano, la narrazione proposta dal ministro è decisamente infondata. Riguardo ai femminicidi registrati nel 2022, in tutto 95, pochi in meno rispetto ai 103 del 2021, l’82% degli stupri subiti da donne italiane è stato commesso da italiani, mentre il 18% da stranieri. Quando le vittime sono straniere, invece, circa la metà degli autori sono connazionali. E non è un dato legato a periodi di incremento dell’immigrazione clandestina. Al contrario, costituisce un elemento connaturato a specifici contesti geografici e culturali. Infatti, l’ISTAT sottolinea che quasi un milione e mezzo di donne ha subito, nel corso della vita, forme gravi di violenza sessuale: tra queste 652.000 sono state vittime di stupro, mentre 746.000 hanno subito un tentato stupro.
LA XENOFOBIA DI GOVERNO – La verità magari è un’altra. La maggioranza di governo in Italia ormai adotta una narrazione perniciosa che si è diffusa trasversalmente in tutti i ministeri, anche quelli non direttamente coinvolti nelle questioni migratorie. Tale narrazione, affine a quella promossa durante la campagna elettorale da Lega e Fratelli d’Italia, è caratterizzata da toni xenofobi e da una retorica contraria all’immigrazione (di ogni tipo). Si cerca di stabilire nessi causali, spesso infondati, tra l’origine etnica di un individuo e le sue azioni, alimentando un allarmismo sociale che si manifesta nelle piazze, nelle strade e nelle scuole. Questo approccio incentiva la xenofobia sociale e crea un clima di sospetto verso gli immigrati, percepiti come “altri” rispetto ai cittadini italiani. Insomma, gli ingredienti perfetti per lo scoppio di una violenza sociale razzista.
Proprio in questa turpe dinamica si assiste a un meccanismo di individuazione del capro espiatorio (si legga il saggio omonimo di René Girard per averne un’idea) della destra italiana, in cui, con contorsioni miste e un’insondabile fragilità ideologica, essa si trasforma in un ircocervo. Da un lato, nel tentativo di distogliere l’attenzione dalle proprie responsabilità nella perpetuazione di una cultura patriarcale, attribuisce la colpa delle violenze di genere agli immigrati clandestini. Questo stratagemma retorico serve a giustificare politiche repressive e a soddisfare una crescente domanda di sicurezza e legalità da parte dell’elettorato. Più hai paura, più voterai per cause d’eccezione tralasciando i particolari. Dall’altro lato, costretta ad accettare implicitamente i valori antipatriarcali promossi dalla sinistra progressista (egemonia non più controvertibile), cerca di nascondere il proprio ruolo nella radice della cultura maschilista, spostando la responsabilità sul colpevole perfetto: l’uomo nero.
LO SCOLLAMENTO DI CREDIBILITA’ – In una società in cui aumentano visibilmente la violenza verbale, umana e sociale, nonché l’indice di segregazione etnica, politica e religiosa, le affermazioni del Ministro Valditara rappresentano un atto di enorme irresponsabilità politica.
La Commissione parlamentare d’inchiesta del 2022 ha rilevato che il 78% dei femminicidi in Italia è commesso da persone di origine italiana (dato aggregato). Se si applicasse la logica del ministro, dovremmo essere noialtri ad essere discriminati altrove.
Alimentare l’allarmismo in un contesto già teso non fa che riaffermare una triste realtà: nell’era digitale e del populismo mediatico, la caratura istituzionale di una carica non è necessariamente proporzionale alla caratura umana di chi la ricopre. Si verifica così un vero e proprio cleavege (scollamento) tra l’autorità dell’istituzione e l’autorevolezza della sua declinazione: chiara antinomia tra corpus politicus e corpus naturalis del potere che non può che risolversi con una sua decadenza. La democrazia, con le sue imperfezioni e storiche inefficienze, ci mostra che dietro l’autorità di un ministro può celarsi, banalmente, un razzista da bar sport della peggior specie.