Mar. Ott 22nd, 2024

La tutela del lavoratore: l’infortunio sul lavoro e le malattie professionali

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“Articolo 36” è una rubrica dedicata alla spiegazione dei diritti dei lavoratori, con l’obiettivo di garantire una compiuta e organica comprensione di tutti i processi che regolano la posizione dei lavoratori subordinati. In questo quarto articolo ci occupiamo di infortunio sul lavoro e di malattie professionali.

L’infortunio sul lavoro e la malattia professionale rappresentano le conseguenze ad eventi nefasti occorsi ai lavoratori durante lo svolgimento della prestazione lavorativa. L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, di cui al d.p.r. 1124/1965, rappresentano una delle principali forme di tutela previdenziale.

L’INFORTUNIO SUL LAVORO – In ordine all’infortunio sul lavoro, l’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965, prevede che: “L’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni”.

In ordine alla causa violenta in occasione di lavoro, la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 32473/2021 ha fornito la corretta interpretazione dell’art. 2 di cui al D.P.R. n. 1124/1965: “la giurisprudenza di questa Corte di legittimità si è andata orientando (vd. Cass. n. 6088 del 1995) nel senso di ritenere che la causa violenta in occasione di lavoro, richiesta dal t.u. approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 2 per la indennizzabilità dell’infortunio, è quella che da occasione, appunto, ad alterazioni lesive legate alla prestazione lavorativa da nesso non meramente topografico-cronologico, ma di derivazione eziologica, quanto meno in via mediata e indiretta, non essendo l’assicurazione infortuni, secondo l’intento del legislatore del 1965, finalizzata a coprire i rischi generici, cui il lavoratore medesimo soggiace al pari di tutti gli altri cittadini, a prescindere cioè dall’esplicazione dell’attività lavorativa (a meno che non si tratti di rischi “aggravati” da peculiari circostanze, in presenza delle quali possa dirsi che è ancora una volta il lavoro ad offrire occasione per l’incontro della causa violenta con l’organismo dell’infortunato), né ad apprestare una speciale tutela in favore del lavoratore per il solo fatto che al medesimo sia occorso, in attualità di lavoro, un qualsiasi evento che in qualche modo ne abbia leso l’integrità fisica o mentale (C.Cost. 27-7-1989 n. 462, e, da ult., Cass. 29/3/1993 n. 3744 e 13-10-1992 n. 11172, n. 8538 del 1997; n. 932/1999).”

In altre parole, l’indennizzabilità per il nefasto evento consegue in presenza di un nesso casuale tra l’attività lavorativa e l’esposizione a rischio specifico dell’assicurato, nonché di un rischio generico aggravato. Il primo è da intendersi quale rischio connesso alla peculiarità dell’attività lavorativa svolta dal lavoratore. Il secondo prevede l’esposizione al fattore di rischio da parte di chiunque, ma ancor più grave per il lavoratore in ragione della propria attività lavorativa. Il rischio idoneo ad ottenere l’indennizzabilità può essere anche il rischio c.d. improprio, definito dalla giurisprudenza come il rischio non intrinsecamente connesso allo svolgimento delle mansioni tipiche assegnate al lavoratore, ma inerente ad una attività prodromica e strumentale allo svolgimento delle stesse” (Cass. 4433/2000).

Il nostro ordinamento tuttavia, esclude l’indennizzabilità dell’infortunio sul lavoro, nel caso del c.d. rischio elettivo. La Suprema Corte di Cassazione ha individuato, con le pronunce n. 1068/2008, 21113/2009 e 9649/2012, i requisiti essenziali di tale tipologia di rischio: “Il rischio elettivo può essere individuato attraverso il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti: a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì’ arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue ma motivate da finalità produttive); c) che affronti un rischio diverso da quello assoggettato, sicché l’evento non abbia alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Il rischio elettivo deve tenersi distinto dalla condotta negligente e imprudente del lavoratore durante lo svolgimento dell’attività lavorativa in quanto, quest’ultima, è motivata “comunque da finalità produttive, non vale ad interrompere il nesso fra l’infortunio e l’attività lavorativa non escludendone, pertanto, l’indennizzabilità. (Cass. n. 11417/2009).”

MALATTIA PROFESSIONALE – Se l’infortunio sul lavoro è un evento lesivo di natura violenta che causa danni immediati, la malattia professionale comporta un’azione lesiva sull’organismo del lavoratore lenta, graduale e progressiva riconducibile all’espletamento dell’attività lavorativa.

Le malattie professionali si manifestano, quindi, in un periodo di tempo prolungato e ai fini del loro riconoscimento è necessaria la sussistenza di un nesso causale tra la malattia e l’esposizione al rischio derivante dall’attività lavorativa. A tal proposito, il nostro ordinamento previdenziale opera una distinzione tra le malattie c.d. tabellate e non tabellate.
Per le prime, se il lavoratore ha contratto una malattia in una delle lavorazioni tassativamente indicate nelle tabelle, quella malattia è, fino a prova contraria, professionale e quindi indennizzabile. In questo caso vige la presunzione in ordine alla sussistenza del nesso di causalità tra la malattia e l’esposizione al rischio derivante dall’attività lavorativa.
Per le seconde occorre, invece, dimostrare la sussistenza del nesso di casualità tra il rischio professionale e la malattia.

Le malattie professionali più comuni sono quelle legate all’apparato respiratorio, all’esposizione a sostanze cancerogene, le malattie muscolo-scheletriche, le malattie infettive e quelle legate al sistema nervoso. In tali casi, il lavoratore non ha l’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia ma solo l’esposizione al fattore di rischio.

LIQUIDAZIONE DELL’INDENNIZZO – La liquidazione dell’infortunio sul lavoro e delle malattie professionali, con conseguente danno biologico, è effettuata in questo modo:

  • in caso di invalidità inferiore al 6% non si ha diritto ad alcun indennizzo;
  • se l’invalidità è compresa tra 6% e 15% l’INAIL corrisponderà un importo “una tantum” al danneggiato;
  • se invece quest’ultima supera il 15% il lavoratore beneficerà di una rendita vitalizia.

Per quanto riguarda invece l’inabilità lavorativa, il lavoratore avrà diritto ad una indennità secondo le seguenti modalità:

  • nella giornata dell’infortunio, l’indennizzo è pari al 100% della retribuzione media giornaliera;
  • nei 3 giorni successivi all’infortunio, l’indennizzo si riduce al 60% della retribuzione media giornaliera.

In tali giornate l’indennizzo economico, pagato in busta paga, è interamente a carico del datore di lavoro.

  • Dal quarto giorno successivo a quello dell’infortunio e fino alla ripresa dell’attività lavorativa, l’indennizzo è ripartito parzialmente tra INAIL e datore di lavoro, poiché, se previsto dal CCNL del lavoratore infortunato, quest’ultimo deve integrare l’indennizzo economico fino a raggiungere l’intera retribuzione normalmente percepita dal lavoratore. Di seguito la ripartizione percentuale dell’indennizzo:
  • dal quarto giorno e fino al novantesimo giorno, il 60% della retribuzione è a carico dell’INAIL e il 40% a carico del datore di lavoro;
  • dal novantunesimo giorno e fino alla guarigione, il 75% della retribuzione è a carico dell’INAIL e il 25% a carico del datore di lavoro.

di Antonio Graps

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” nel 2020. Nel 2023 consegue il master in “Diritto del Lavoro, HR e contenzioso sindacale, Gestione delle risorse umane e contezioso.” Nel 2024 ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

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