Gio. Set 19th, 2024

Ddl sicurezza, la svolta repressiva del governo Meloni

5/5 - (1 vote)

Nel pieno del trambusto provocato dall’escalation in Medio Oriente, dalla preparazione della manovra di bilancio e dagli scandali legati a casa Sangiuliano, il governo Meloni è riuscito a far approvare alla Camera un disegno di legge (A.C. 1660) – presentato a gennaio da Piantedosi, Nordio e Crosetto – che rappresenta una svolta repressiva di tutto rilievo. La trama e il metodo non sono nuovi: ricorrere allo strumento giuridico e alla forza pubblica come una clava per eliminare ostacoli politici e sociali. Il contenuto, quello sì, è invece caratterizzato da un’inusitata poliedricità: si spazia dai privilegi per le forze dell’ordine alle norme contro gli attivisti per il clima, dalla persecuzione degli scioperi nella carceri alla criminalizzazione dell’immigrazione, e si giunge sino al divieto assoluto di commercio della cannabis light. C’è davvero di tutto.

La repressione, che spesso nelle strade assume una connotazione risorgimentale quando non carbonara, qui si traduce in un mero, banalissimo aumento dei reati previsti (ben 20 in più). E in una torsione verso un vassallaggio poliziesco, in cui all’accanimento contro i fautori del dissenso si contrappongono cospicue ricompense per le forze di pubblica sicurezza. Come hanno acutamente osservato Amnesty International e Antigone, a pagarne il prezzo sono i diritti civili e politici dei cittadini e dei detenuti.

ARMI ALLE FORZE DELL’ORDINE E STOP ALLA CANNABIS LIGHT – Veniamo al testo del disegno di legge. Uno degli aspetti centrali riguarda l’incremento dei privilegi riconosciuti ai membri delle forze dell’ordine. Infatti, è riconosciuto loro il diritto di portare con sé, anche fuori servizio e senza licenza, pistole, rivoltelle e bastoni animati. Poi è incrementata la tutela legale in caso di processo per reati commessi in servizio (10 mila euro per ogni grado, per un totale di 860 mila euro). E sono inasprite le pene per resistenza o aggressione a pubblico ufficiale. Elemento innovativo, sempre in riferimento all’attività delle forze dell’ordine, è l’introduzione della telecamera corporea (bodycam).

Più che rilevante è anche il divieto della vendita di cannabis light. Ancora oggi, grazie alla legge 242/2016, è possibile coltivare e vendere prodotti con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, garantendo una filiera legale che include coltivatori, rivenditori e produttori. Se le nuove norme dovessero entrare in vigore, il divieto di commercializzazione in ogni forma avrebbe delle ricadute dirette su tutta la filiera, mettendo a rischio un mercato che conta all’incirca 66.000 posti di lavoro.

L’ESTENSIONE DEL DASPO E IL REATO DI BLOCCO STRADALE – Proseguendo, è d’obbligo osservare le modifiche in materia di sicurezza pubblica.
Il DASPO, noto per essere uno degli strumenti più usati nella sicurezza pubblica, specialmente per contrastare la violenza negli stadi, viene ulteriormente ampliato. Infatti è prevista l’applicazione di questa misura anche ai soggetti ritenuti pericolosi che si trovino nei pressi infrastrutture pubbliche, come stazioni ferroviarie e aeroporti, o in centri urbani. Inoltre, si prevede la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena al rispetto del DASPO, rendendo la misura ancora più coercitiva e immotivatamente afflittiva.

Inoltre, il disegno di legge trasforma in reato penale il blocco stradale (la cosiddetta norma anti-Ultima generazione). Le severe pene previste e la puntualità della riforma fanno presagire una maggiore durezza nella sua applicazione, soprattutto in vista delle numerose proteste che negli ultimi mesi si sono moltiplicate, dal genocidio di Gaza al sostegno economico-militare a Israele, fino all’opposizione a grandi opere come il ponte sullo Stretto e alle proteste dei militanti ambientalisti.

DETENUTI E IMMIGRATI – Un ulteriore, importante aspetto riguarda i detenuti e gli immigrati. Viene introdotto un nuovo reato per le rivolte carcerarie, punibile con pene che arrivano fino a 20 anni di reclusione. Alcune delle critiche più puntute a questa norma sottolineano come essa possa criminalizzare anche la resistenza passiva, equiparando i detenuti che partecipano a proteste carcerarie a criminali organizzati. Organizzazioni come Antigone hanno denunciato il carattere disumanizzante di questa misura, che colpisce i detenuti più vulnerabili e criminalizza uno strumento – la resistenza passiva – che spesso è l’unico modo per opporsi all’arroganza del sistema penitenziario.

Quanto agli immigrati, è ampliata la possibilità di revocare la cittadinanza fino a 10 anni dopo la sentenza definitiva per reati gravi, eversivi o terroristici; e viene introdotto il divieto di stipulare contratti di telefonia mobile per gli immigrati non muniti di permesso di soggiorno. Queste misure colpiscono solo le persone di origine straniera, contribuendo alla criminalizzazione dell’irregolarità del soggiorno tanto sostenuta da Matteo Salvini nei decreti sicurezza del 2019.
Da ultimo, è introdotto il reato di occupazione abusiva di immobili, percepito da molti come un tentativo di criminalizzare il disagio abitativo. In un contesto di emergenza, dove migliaia di persone sono costrette a occupare edifici per necessità, questa misura potrebbe colpire le fasce più vulnerabili della popolazione, compresi moltissimi immigrati.

AGIRE, AGIRE, AGIRE – Le reazioni all’approvazione di questo disegno di legge alla Camera sono state aspre da parte della società civile, ma l’iter parlamentare è destinato a proseguire, anche con una certa rapidità. L’approvazione di una riforma di questo genere si inserisce in una linea storica e normativa che, dalle leggi Cossiga ai decreti sicurezza di Salvini, tenta di degradare lo strumento giuridico a semplice clava del potere, usata per sgomberare il campo dagli oppositori e dalle proteste.
L’ultimo passaggio al Senato sancirà la nascita di ulteriori strumenti repressivi nella mani del Governo, e la paralisi delle forze di opposizione parlamentare rende sempre più inderogabile l’imperativo che fermenta tra le braccia del popolo: agire, agire, agire. Ora, che si è ancora in tempo.

di Domenico Birardi

Attivista politico e studente della Facoltà di Giurisprudenza a Taranto all'Università Aldo Moro.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *