Il nostro organico si presta ad essere molto più che semplice immondizia. Da esso si può trarre concime, fertilizzante per i campi e gas energetico di uso quotidiano: il biometano. Considerando che in media un italiano medio produce circa 80 kilogrammi di organico all’anno, il riciclo si presta come soluzione eccellente per sbarazzarsi di questi rifiuti.
IL RICICLO DELL’ORGANICO – Pertanto, come avviene il riciclo dell’organico? L’organico viene raccolto grazie alla raccolta differenziata. Dopodiché, i bustoni vengono accumulati e trasportati in stabilimenti appositi. Prima di accedervi, una bilancia è posta agli esterni di questi stabilimenti, in modo da valutare la massa e il peso dei camion, in entrata e in uscita.
Si ricorda che l’organico è biodegradabile al 100%, ma comunque all’interno dei bustoni è mischiato a plastica, alluminio e altro. Il primo step pertanto è eseguire ciò che non abbiamo fatto bene a casa: smistamento differenziato. All’interno degli stabilimenti, delle braccia meccaniche sollevano le grandi masse di buste di organico per deporle in imbuti trituratori. Qui le buste vengono smembrate, aperte e fatte a brandelli. I brandelli finiscono su dei tapis roulant, risalendo verso altri imbuti con rulli e fori, simili a setacci. Vengono separati tutti gli elementi metallici, infatti questo processo si chiama deferrizzazione. Il materiale di scarto selezionato finisce in delle vasche, pronto per essere smaltito in seguito.
La parte organica di rifiuti, ovvero la parte riciclabile, finisce in vasche diverse con presenza di acqua. Si determina dunque una purea fangosa. A cosa serve questa purea? Il liquame, per mezzo di un complesso sistema di tubature, finisce in enormi container chiamati biodigestori. Tuttavia vi è una fase intermedia: il liquame possiede ancora dei frammenti solidi nella sua consistenza. Tali frammenti vanno rimossi. Si procede pertanto ad una fase di rimozione all’interno del desabbiatore che scarta tutta la parte solida.
Dentro il biodigestore avviene un processo chiamato digestione anaerobica, ovvero senza ossigeno. Analogamente a quello che succede nel nostro stomaco, dove i succhi gastrici trasformano il cibo, nel biodigestore, ad una certa temperatura di circa 41° C, i batteri trasformano la materia organica in biogas (attenzione, biogas non biometano). Il biometano è il risultato di un processo di raffinazione del biogas, che viene prodotto nel biodigestore con una percentuale di metano del 65%, il resto è prevalentemente CO2 e altri gas e secondari. Il biogas prodotto è più leggero quindi tende a salire verso l’alto.
Da tubi posti in alto viene trasportato in una struttura con cupole, dove stanzia brevemente, per poi essere trasportato in diversi container, dove viene raffinato il biometano. Una volta ultimato, il biometano avrà una concentrazione di metano almeno pari al 97,5%. Questa è la soglia minima per andare poi nella rete di trasporto nazionale. Tali impianti producono sei milioni e mezzo di metri cubi di biometano, ovvero tre volte di più di quanto questo impianto consumi, risultando molto più che autosufficiente.
Abbiamo ottenuto il metano, ma di tutto quel liquido cosa se ne fa?
Tale liquame si chiama ora digestato. Questo composto raggiunge nuovamente le vasche tramite dei tubi. La parte solida e la parte liquida vengono nuovamente divisi. Quella liquida ritorna nella vasca iniziale per generare nuova purea.
La parte solida, invece, diventerà compost. Viene prima mischiata con gli sfalci d’erba dei nostri giardini delle nostre città e viene stoccata in gigantesche camere chiamate biocelle. Questo materiale rimane lì circa 20 giorni, durante i quali avverrà una fermentazione, questa volta aerobica, cioè con ausilio di ossigeno. È così che si trasforma uno scarto in compost di qualità (praticamente il terriccio che si usa in agricoltura o anche in casa per dare nuova linfa vitale alle nostre piantine).
In conclusione, l’organico è il primo tra i rifiuti che dimostra come il riciclo sia di vitale importanza per noi, in quanto risorsa, e per la sostenibilità dell’ambiente.