Mer. Ago 21st, 2024

Vasto incendio a Maruggio: un altro polmone verde portato via per sempre

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A CHE PUNTO SIAMO CON LA TUTELA DEI BOSCHI – Raccontare il territorio del tacco dello stivale non è semplice, soprattutto quando ci si avvicina alla porzione di territorio tarantina che alterna armoniosamente, come solo la natura sa fare, vaste distese di spiagge dorate a suggestive aree collinari che ospitano una magnifica macchia mediterranea tanto da destare invidia persino agli occhi dell’incontrastabile mondo della tecnica. In essa si stagliano in modo austero altissimi alberi, quasi a voler mostrarsi in tutta la loro interezza, almeno fino a quando le soluzioni tecniche non li spazzeranno via. E questo è, effettivamente, uno dei corollari tipici sui si sorregge l’intero mondo della tecnica. Dirimenti sono state le affermazioni rilasciate dall’Avvocato Francesco Di Lauro dell’associazione ambientale “Azzurro Ionio” durante l’intervista : «Innanzitutto partiamo dal dato culturale perché a nessuno frega niente dei boschi e dell’ambiente. Almeno a livello istituzionale, c’è una vera e propria incultura, anzi i boschi sono visti come ostacoli rispetto alla soddisfazione di interessi dei gruppi economici e alla realizzazione di opere pubbliche discutibili. Quindi, aspettarsi che un Sindaco o un apparato istituzionale si curi seriamente della questione ambientale e climatica la vedo difficile».

Tra le soluzioni tecniche cui si accennava prima, la millenaria scoperta umana del fuoco sta danneggiando seriamente vasti ecosistemi. L’ineluttabile fenomeno umano degli incendi boschivi, infatti, sta provocando già da molti anni una consistente e permanente perdita di vaste aree verdi.

La storiella dei cocci di vetro che si incontrano con i raggi solari innescando un principio incolpevole di incendio aggravato ulteriormente dalle alte temperature è, ormai, superata. Non c’è dubbio che vasti incendi simili siano dolosi, e che dietro ci sia la mano dell’uomo. Quest’ultimo, forse anche in maniera del tutto inconsapevole, sta contribuendo alla rovina di grandi ecosistemi, gli unici che a denti stretti cercano di resistere come alternativa sostenibile davanti all’opera tecnica di cementificazione del mondo.

IL DEVASTANTE INCENDIO NEL MARUGGESE – L’ultimo grosso incendio è accaduto lo scorso giugno nella provincia di Taranto, a Maruggio, dove un altro polmone verde è stato smantellato dal primato umano di distruzione del circostante. Parliamo del bosco della Curreggia, nel quale ettari di poderosa vegetazione verde sono stati spazzati via dal fuoco, per sempre. Il fuoco, originato dalla contrada manduriana Demani, sarebbe stato aiutato dal vento e dalla temperatura fino ad estendersi nella parte est di Maruggio. Questa ennesima tragedia ambientale non è passata affatto inosservata sotto gli occhi dei diversi canali di reazione, tra i quali spicca proprio l’associazione “Azzurro Ionio” che si è attivata al fine di individuare i responsabili. «Stiamo preparando un esposto alla Procura della Repubblica e faremo l’accesso agli atti al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco per sapere che tipo di situazione hanno trovato i vigili una volta recatisi sul posto. Noi abbiamo una nostra ricostruzione dei fatti e siamo assolutamente convinti che i fuochi siano di natura dolosa. Il fuoco è stato appiccato per ben due volte, in punti diversi del bosco. Io stesso ho potuto verificare personalmente che il primo giorno sono stati appiccati cinque fuochi, di cui quattro agli angoli cardinale e uno al centro del bosco. Questo significa che i fuochi non possono essere nati spontaneamente in cinque punti diversi. Nel frattempo, i vigili hanno atteso per tre ore prima che arrivasse il canadair, che era impegnato in altri incendi. Pare che ce ne sia solo uno operativo in tutto il Golfo di Taranto. Dopo questo primo incendio i due terzi del bosco sono stati salvati, fino a quando il giorno dopo non è stato appiccato un nuovo fuoco, con le stesse modalità, all’interno di quei due terzi di bosco salvati».

L’associazione “Azzurro Ionio” sta seguendo tre possibili piste di indagine: «Noi, come associazione, abbiamo messo una taglia di 5 mila euro che sarà data a chi con certezza sarà in grado individuare il responsabile. La nostra associazione sta seguendo tre ipotesi possibili per fare luce sulla vicenda: la prima è che si tratti di un piromane a cui piace vedere gli aerei che prendono l’acqua dal mare per spegnere i fuochi, cosa che è già accaduta in passato. L’altra ipotesi è che ci siano degli interessati a lavorare nel bosco, nell’ambito delle operazioni di ripristino dello stesso, mediante anche la stipulazione di contratti stagionali con la pubblica amministrazione. Ma su questa ipotesi non posso rivelare altro. Posso solo dire che la nostra attenzione è focalizzata su corpi che lavorano stagionalmente nel settore forestale. L’altra ipotesi, non da ultima e abbastanza seria anche questa, è che il parente manduriano dei proprietari del bosco (Schiavoni) avrebbe sostenuto su facebook di sapere per certo che i due incendi sono dolosi, auspicando che la magistratura possa andare fino in fondo. Quindi chiederemo al magistrato di sentire questo signore per capire cosa volesse dire. È probabile che egli sappia qualcosa in più che noi ignoriamo, anche perché molto spesso dietro questi incendi sono in gioco molti interessi. È il caso di alcuni imprenditori agricoli i quali hanno tutto l’interesse a distruggere la macchia per fare spazio e piantare vigne e ulivi o anche per accaparrarsi delle pietre da rivendere al mercato del nord. In una di queste vicende di danneggiamento del bosco, io personalmente ho fatto intervenire la forestale che ha sequestrato delle ruspe a un imprenditore agricolo, riuscendo a salvare una parte di bosco».

Di quei 10 ettari di pini di aleppo e di piante tipiche della macchia mediterranea resta ben poco, se non la triste previsione di quello che sarà il destino del restante verde: «Quando l’aereo è arrivato era troppo tardi. L’80% del bosco è andato distrutto». L’Avvocato Di Lauro ha altresì chiarito come mai i danni più gravi sono stati riportati proprio al centro del bosco: «La forestale dovrebbe vigilare a che i proprietari o l’ente pubblico (a seconda che il bosco sia di proprietà privata o pubblica) costruiscano dei sentieri antincendio. Il bosco della Curreggia non è dotato di questi sentieri, tale per cui per i vigili del fuoco è stato impossibile arrivare al centro del bosco per domare le fiamme».

L’INERZIA DELLE ISTITUZIONI – La ricorrenza degli incendi boschivi in estate e l’incapacità delle istituzioni nazionali e territoriali di fermarli fanno domandare se la normativa esistente, anche sul versante penalistico, per la prevenzione degli incendi boschivi debba ritenersi adeguatamente idonea, o se non sia il caso di far intervenire il legislatore più incisivamente sul punto. A tale proposito, occorre sottolineare come il bene dell’ambiente abbia assunto una autonoma valenza a livello giuridico. La disciplina in tema di tutela degli ecosistemi e della biodiversità, come anche quella relativa alla lotta contro il cambiamento climatico e alla limitazione delle emissioni di Co2 è, ormai, sviluppata efficacemente su più livelli. Il quadro giuridico generale lascia propendere per una valutazione di completezza dello stesso. «Io non credo che servano ancora e ancora leggi. Non è un problema di norme ma è un problema di uomini capaci di applicarle, in particolare mi riferisco ai magistrati. A Maruggio come altrove la tutela e la premura di dare attuazione alle leggi sono demandate soltanto ai privati, alle persone di buona volontà. Tutto è veramente lasciato all’improvvisazione».

«Lo stesso discorso vale per le grandi associazioni il cui operato molto spesso si riduce alla raccolta di fondi. 50 anni fa ho creato una delle prime sezioni italiane di WWF a Manduria ma devo riconoscere che oggi molte associazioni hanno perso quel carattere di militanza e di attivismo tipico del passato quando si scendeva in piazza. L’assuefazione a questo clima di inerzia ha travolto sia le associazioni (che si sono burocraticizzate), sia i cittadini. Io credo che occorra invece che i cittadini prendano delle posizioni forti, non violente e rivoluzionarie».

Quel fitto reticolato di norme giuridiche sviluppatesi per la tutela dell’ambiente a nulla vale in un contesto storico e sociale inerme e anestetizzato delle masse e delle istituzioni. Perché, se c’è un bene da tutelare, è innegabile che la responsabilità per la sua protezione ricada su tutti i consociati.

di Maria Lucia Tocci

Studiosa del diritto. Attivista per la pace e per i diritti civili.

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