Si dovrebbe provare una certa qual forma d’imbarazzo nel trascorrere la prossima domenica a celebrare noncuranti la festa della Repubblica come se intorno a noi nulla stesse accadendo. Banchettare come se a Gaza non continuassero a morire civili indifesi, come se in Ucraina non continuasse la mattanza putiniana, come se la Siria non fosse ancora una polveriera, o come se in Darfur non si stesse compiendo un vero e proprio martirio; banchettare, dicevo, come se tutto ciò non accadesse dovrebbe suscitare un empito d’imbarazzo in ognuno di noi. Null’altro che pudicizia necessaria all’uomo critico, questa. Eppure le futili parate capitoline prenderanno il passo di sempre; e un ributtante frasario da oroscopo – perché buono in ogni occasione – si ammanterà al bisogno di un velo patriottico, scrosciando da cellulari e televisioni in un rumore bianco di sottofondo che tacerà d’ogni cosa. Viva la Repubblica! Viva la Repubblica, compari!
Festa di Stato – oggi più che mai – come rituale orwelliano, o canettiano se si preferisce, per rispolverare la moralità dello Stato stesso, magari con il fine di farle riacquisire – quantomeno all’apparenza – la vividezza che le era propria agli albori della Repubblica. Magari sotterrando sotto un fremente ammasso di inni, lazzi e battimani le grandi contraddizioni che la repubblica italiana porta con sé in questo 2 giugno 2024.
TARANTO E LA LOTTA AL RIARMO MONDIALE – Se gran parte dello stivale s’abbandonerà a tali facezie, a Taranto invece si compirà una celebrazione differente, frutto dell’impegno umano, intellettuale e politico di un folto ed energico gruppo di cittadini favorevoli alla pace e al disarmo. Sì, perché la corsa al riarmo è il sottosuolo dostoevskjiano su cui si muovono macabramente le guerre di ieri oggi e domani.
Il riarmo, dunque, come principale scandalo di ieri integrato nella dottrina quotidiana di oggi; il riarmo, come panacea astrategica e parossistica di un folle treno in corsa verso un baratro; il riarmo, come dovere vassallatico a cui i cittadini prima o poi dovranno adempiere, con la volontà o con la coscrizione. Qui si collocano lo sterminio dei gazawi, l’organizzazione del G7 a Borgo Egnazia e la Guerra Grande. Tasselli d’un mosaico che d’un colpo la storia cristallizzerà in un’immagine vivida, uniforme.
Deciso a non amalgamarsi al bigio silenzio mondiale dinnanzi alla corsa al riarmo degli Stati, Il Coordinamento Palestina di Taranto e provincia ha organizzato un sit-in alle ore 10.00 sul lungomare, all’angolo di via Matteotti. L’evento non sarà un momento di sola protesta, tutt’altro: sarà l’occasione di discutere e spiegare gli approfondimenti condotti dai militanti sul commercio di armi in Italia (sotto un pamphlet sul tema), sulla Guerra di Gaza e sulle finalità del G7 di Borgo Egnazia.
Non solo un evento di protesta, dunque, ma anche di proposta. Una proposta che carezza al tempo stesso le liete note della resistenza all’oblio, la donchisciottesca volontà d’opporsi ad un potere sovrumano e la risoluta necessità di storicizzare la propria lotta per la giustizia.
Quest’anno, anziché banchettare altrove, tutta la città di Taranto dovrebbe essere lì, sul lungomare. Per celebrare la Repubblica, non per altro; e magari per ricordare a se stessa che l’Italia ha combattuto una guerra dal ’43 al ’45 per non combatterne altre in futuro. E magari poi dopo, verso le tredici, banchettare – questa volta con meno imbarazzo di prima – alla Casa del Popolo in Città Vecchia.
Questo sì che sarebbe celebrare la Repubblica.
Per approfondire:
“Verso il riarmo. Quello che non sai sul commercio di armi in Italia“, Coordinamento Palestina Taranto e provincia.