Gio. Set 19th, 2024

Le fontanine pubbliche, alla sorgente di un piccolo mondo antico.

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L’acqua, elemento primordiale dal quale si genera la vita e senza il quale non sono possibili la generazione e la crescita degli esseri viventi, ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia naturale. In assenza di acqua non c’è vita. Tutto muore.
Le prime formulazioni di pensiero nascono dall’indagine sulla natura, i primi filosofi individuarono negli elementi naturali il funzionamento dell’ordine dell’universo. Acqua, aria, fuoco sono i principi primi da cui tutte le cose hanno origine. Talete, filosofo greco del VII secolo a.C., considerato il padre fondatore della filosofia, individua l’arché, ovvero l’elemento primo, nell’acqua, prima causa della vita. Tutte le cose nascono, si sviluppano e si nutrono grazie all’acqua.

Le prime civiltà nascono vicino a fonti d’acqua, come fiumi, mari e laghi, risorse indispensabili e per le quali si lotta e si argina. Noi nasciamo da una “rottura delle acque”.
La storia materiale e sociale del Sud Italia contiene al suo interno uno spaccato a tratti romantico intorno alle “fontanine pubbliche”, chiamate nel gergo locale “cape de firr”, ovvero “teste di ferro”, perché dotate nella parte superiore di una specie di cappelletto in ferro. Tutto ha origine nel 1904 quando, con un decreto regio, viene approvata la costruzione dell’Acquedotto pugliese e delle fontane da installare nei centri abitati per portare acqua salubre ai cittadini. Già Orazio descriveva la Puglia come terra assetata: siderum insedit vapor siticulosae Apuliae, ovvero arriva alle stelle l’afa della Puglia.

Oggi, quello pugliese, è tra gli acquedotti più grandi d’Europa e l’acqua venne attinta dal fiume Sele, in Campania, per essere trasportata sino al Capo di Leuca, frutto di un’idea maturata da un ingegnere, Camillo Rosalba, nel lontano 1868. Esse furono installate nelle vie pubbliche della nostra Puglia nel 1914, contribuendo notevolmente a fornire risorse indispensabili in una terra calda e bisognosa d’acqua. Erano anni cui iniziò l’erogazione dell’acqua nella Regione e quindi facenti parte di un’unica commissione fatta per l’intera Regione, che avrebbe dotato i cittadini di risorse idriche, la cui erogazione era disciplinata dai Comuni e che migliorò le condizioni di vita di una popolazione in maggioranza poco abbiente, aumentando le prospettive di longevità. Tanto affascinanti nella loro struttura e nel loro utilizzo da suscitare l’ammirazione del celebre architetto Renzo Piano.
Nella struttura le fontane recavano spesso, sulla parte anteriore, il fascio littorio. Le fontanine erano uguali per forma, ma diverse per funzionamento, simili ad una colonna circolare con coperchio a cupola sull’estremità superiore per permettere l’ispezione e la riparazione delle stesse, contenevano in basso una conca circolare per la raccolta dell’acqua. Erano dotate di un rubinetto a getto continuo o con chiusura a farfalla, o anche di un pomello laterale girevole per dosare il getto dell’acqua, oppure di un pulsante in ottone da spingere.

Simbolo di un’emancipazione civile, le fontane hanno rappresentato nelle vite della gente un luogo significativo di aggregazione sociale e di incontri. Dai racconti del passato si evince la loro centralità come sfondo di vita comunitaria, che consentiva l’accesso ad un bene pubblico ed una “scusa”, ovvero quella di  “andare a prendere l’acqua alla fontana” per uscire dall’intimità delle proprie abitazioni ed incontrare amici, amanti e nemici. Icona attorno alla quale sono transitate storie d’amore e di conflitti, rappresentano una testimonianza storica di relazioni che appartengono ad un passato ormai trascorso e, a volte, dimenticato. Si narra di vere e proprie battaglie delle “minzane”, contenitori in terracotta che servivano per raccogliere l’acqua da portare nelle abitazioni e che spesso finivano in frantumi dallo scontro per superare le file.

L’acqua della fontana è stata un simbolo prezioso nelle vite dei contadini e degli artigiani del Mezzogiorno, fonte di ricchezza naturale e fonte materiale per la lotta alla sopravvivenza nella dignità della salute. La piazza, la chiesa e la fontana sono emblemi di microstorie significative e profonde ormai superate. Pochi bambini fortunati dei piccoli paesi possono ancora, mentre giocano a palla per strada, permettersi il privilegio di abbeverarsi alle fontanine pubbliche, come gesto di libertà dagli esercizi commerciali che fagocitano le nostre vite. Oggi le nostre esperienze comunitarie transitano attraverso la rete virtuale, in una società profondamente trasformata dal progresso tecnologico, dove le relazioni si sviluppano in un orizzonte non sempre sensibile. Il palcoscenico delle nostre rappresentazioni sono i social network, dove è possibile costruire identità multidimensionali e dove le guerre dei contenitori dell’acqua sono state sostituite dall’egocentrismo della compulsiva tastiera di un pc, dietro la quale è possibile nascondersi.
E chissà, forse un giorno, per romanticismo puro e nostalgico, qualcuno si darà appuntamento all’angolo della fontana, perché magari non ha un profilo Instagram.

di Annachiara Borsci

Annachiara Borsci è docente di Filosofia e Storia al Liceo "Moscati" di Grottaglie (TA). Dopo la Laurea in Filosofia, conseguita all'Unisalento di Lecce nel 2004, ha proseguito gli studi conseguendo nel 2009 il Dottorato di ricerca in discipline storico- filosofiche presso la stessa Università di Lecce sul pensiero di Hannah Arendt dal titolo "Il problema del male e la rifondazione della politica".

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