“Ragazzi del Sud si raccontano” è una rubrica dedicata ai giovani meridionali che intendano raccontare di sé e della propria generazione. In questo articolo si narra di Antonio Meneleo, ragazzo di 23 anni, di Racale (Le), studente del DAMS, con la passione con la musica.
Qual è stata la prima volta che la musica è entrata nella tua vita?
La musica non ha mai avuto bisogno di entrare nella mia vita. Era già lì, come se mi stesse aspettando. Sono nato e cresciuto in una famiglia di musicisti, mio zio jazzista professionista, nonché docente di scuola privata e pubblica. Anche mio nonno è stato un noto musicista tradizionale in matrimoni e serenate. Le mie sorelle inoltre hanno studiato pianoforte, e ne hanno introdotto uno in casa. Nella mia dimora dunque la musica vi è sempre stata. Difficile sarebbe individuare un momento preciso in cui è sopraggiunta.
Il tuo legame con la musica deriva da esperienze in famiglia?
Assolutamente sì. Come già detto prima, verso i sette-otto anni ho iniziato ad accorgermi di ciò che c’era intorno a me. Iniziai a studiare la chitarra e il canto, partecipando ad alcuni eventi cittadini. Poi ascoltando mio zio, che per l’esattezza è un saxofonista, ne restavo ammaliato. Anche mia nonna, la ricordo come una persona molto canterina in famiglia. Sicuramente da parte di mio padre vi è sempre stata la presenza, incombente e piacevole, della musica.
Cosa pensi che uno studente di musica debba fare per definirsi “musicista”?
Questa è un’affermazione che lascia il tempo che trova. Essere musicista oggi con le nuove tecnologie è molto più semplice e da un lato ha agevolato la maggioranza degli artisti, ma dall’altro ha dato vita ad una mediocrità di massa. C’è molto poco studio rispetto al passato e, per come la vedo io, essere musicista per definizione dovrebbe soprattutto essere frutto di uno studio articolato e duraturo.
Ci sono atteggiamenti che ti piace assumere quando suoni uno strumento o quando canti? Vorresti esprimere qualcosa in particolare?
Allora… io nasco come cantante. Nel corso degli anni ho studiato anche diversi strumenti, ma la mia vocazione principale come detto è cantare. Non ho mai avuto problemi con la notorietà e con l’essere al centro dell’attenzione, quindi in situazioni pubbliche come un semplice <<salire sul palco>>, D’altronde avevo solo otto anni quando mi posizionarono sul palco e se da una parte ha giovato alle mie performance (non solo musicali, ma anche teatrali), d’altro canto nella mia vita privata non ha portato gli stessi vantaggi.
Desidereresti un giorno lavorare a pieno con la musica ? O preferiresti lasciarla solo come passione?
Questa è una domanda ardua. Il mio sogno è lavorare con la musica. Ho fatto da gavetta in altre mansioni per il gusto di provare. Se mi domandassero tuttavia se volessi lavorare fuori dall’ambito musicale e/o teatrale la mia risposta è un categorico NO. Slacciare la mia passione dal mio quotidiano sarebbe inaccettabile, dunque spero di continuare a far sì che il mio sogno diventi il mio lavoro.
Ti piacerebbe insegnare l’arte musicale nei conservatori e nelle scuole?
Certo, mi piacerebbe tantissimo. Certo, devo ammettere che non è la mia aspirazione principale, ma se dovessi stilare una classifica di priorità, essa sarebbe al secondo posto. Trasmette ciò che imparo e imparerò ad altre generazioni sarebbe davvero gratificante. Insegnare uno strumento musicale o anche più semplicemente educare alla Storia della Musica, per me significherebbe molto.
Cosa ne pensi della musica moderna? Gli autori e il pubblico dei giorni nostri sono secondo te competenti?
Qui mi ricollego a quanto detto in qualche domanda precedente. Al giorno d’oggi, non vi è più quella passione per lo studio della musica. E io capisco quegli artisti che, senza una solida didattica, intraprendono comunque una strada veloce per il successo. Purtroppo si rischia di scadere nei soliti cliché: il pubblico è abituato ad una data sonorità e gli artisti cercano quello e basta. C’è molto business e molta musica commerciale. L’ascoltatore medio non ha interesse ad acculturarsi e scoprire la musica nel suo profondo e nei suoi aspetti più tecnici. Purtroppo è naturale, non giudico nessuno. È la società di oggi che si è conformata in queste linee e solo in casi particolari ci sono individui che si discostano e scavano nelle peculiarità tecniche (non solo in ambito musicale specifico). Quindi se dovessi dire che il pubblico medio odierno sia “competente” in ciò che ascolta, con dispiacere direi di no; ma non è un giudizio negativo nei loro confronti, bensì pura e semplice constatazione del mondo in cui viviamo.
Secondo te, la musica storicamente ha avuto una dignità? E se sì, in quale circostanza è stata più preponderate?
La musica come ente culturale in sé, penso che abbia sempre avuto dignità storica. Anche oggi lo è. Se volessimo essere precisi, il periodo più fiorente è stato quello del melodramma, tra 700 sino ai primi del 900. Testi e melodie che restarono impresse nelle menti del pubblico, ove questi ultimi continuavano a canticchiare quanto ascoltato anche usciti da teatro. Opere che nonostante non fossero incise su dischi (che ancora non erano stati scoperti) che continuavano a sopravvivere grazie ai grandi maestri. Potrei citare Puccini, Verdi, Donizetti e tanti altri che potremmo considerare delle “star”. Quindi sì, la musica ha sempre avuto dignità sociale, economica, storica e culturale. Se non fosse così non potremmo definirla tale, non trovi?
Se potessi reincarnarti in uno storico compositore, chi sarebbe? E perché?
Probabilmente ti risponderei in maniera provocatoria. Scegliere un cantautore molto più vicino a noi di quanto non ti aspetteresti. Sceglierei Battisti per tutto il bagaglio culturale italiano che ha approfondito e arricchito. Ma sarebbe provocatoria. Se parliamo di compositori in senso veramente stretto, per il rapporto di studio e conoscenza sceglierei Verdi. Aveva una personalità accesa, seppur timido. Un carattere esuberante, ma non troppo, che trovo affine con i miei gusti e la mia personalità.
Vuoi aggiungere qualcos’altro?
Aggiungo giusto un ultimo concetto per me fondamentale: La rubrica, come mi hai illustrato, parla dei ragazzi del sud. Io, faccio fieramente parte dell’estremo sud come avrete notato, e ho scelto questo percorso difficile nonostante le mie origini. Le mie esperienze tuttavia sono più ampie di come ho voluto mostrare nelle domande precedenti. Tralasciando le difficoltà, sono riuscito a fare esperienza fuori dalla Puglia: ho seguito diversi corsi di songwriting, anche nelle scuole, ho partecipato all’accademia di musical a Roma al Teatro Sistina (uno dei teatri più celebri del nostro territorio) e sto per entrare nel conservatorio nel bando specialistico del canto lirico. Con tutto questo, non voglio far trasparire che io voglia vantarmi delle mie esperienze, anzi tutt’altro. Lo esplicito per far capire che per compiere tutto questo, un ragazzo del sud si trova nettamente in difficoltà. La fatica maggiore è riuscire ad esprimersi fuori casa; casa che in particolare nel mio caso si tratta di un paesino piccolo dell’estremo Sud, dell’estremo Salento. Ricordo infatti, l’immagine di quando a sedici anni viaggiai a Roma per fare i provini: mi sentivo completamente schiacciato, sia dall’ambiente che dai gruppi con cui mi interfacciavo.
In più, ovviamente, a Nord è sempre più complicato farsi valere per un ragazzo meridionale, poiché ahimè c’è molta discriminazione verso noi giovani. Affermarsi nella realtà molto più sù in Italia, per noi è davvero pressante, stressante e non sempre fruttuosa. Vorrei parlare ad un me stesso di cinque o dieci anni fa e a tutti i ragazzi che come si sentono oppressi da questi pregiudizi. Ragazzi, non mollate Seguite la passione fino alla fine. Continuate, non demordete e non arrendetevi, mai e poi mai.
Ringrazio, infine, Metasud per l’opportunità e Mattia per l’intervista.
Nota personale:
Antonio è sempre stato un ragazzo molto dedito allo studio musicale da quando ho avuto il piacere di conoscerlo. Spesso ho osservato come organizzava il lavoro di studio per gli esami inerenti soprattutto alla musica. Ho anche notato con quale luce brillavano i suoi occhi quando ha anche cercato di metter su una piccola band con altri ragazzi dell’università. Sono stato investito da quest’aura di intraprendenza, speranza e passione che ho notato in lui. Non ha mai smesso di lavorare sulle sue aspirazioni e non ha mai gettato la spugna. Persino ora che fra i suoi progetti in cantiere vi è il sogno di fondare una compagnia teatrale amatoriale, a cui volentieri parteciperei, la sua determinazione è come una nube bluastra che viene irradiata dalle sue parole e dalle sue azioni, visibile chiaramente dall’esterno. Insomma, spero abbiate capito di quale personalità si sta parlando: un ragazzo volenteroso di lavorare, che crede in ciò che fa, che impara dai suoi errori solo per procedere più spedito e che non verrà fermato da nessun giudizio altrui. Buona fortuna per tutto.