Il tripudio di applausi con cui è stata accolta la risoluzione ONU per il cessate il fuoco a Gaza ha consacrato anche la fine di un percorso angusto, sofferente. Con tutte le sue imperfezioni, e nonostante la sua natura transeunte, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU segna un passo decisivo nella storia della questione mediorientale: per la prima volta dalla nascita di Israele gli Stati Uniti hanno espresso contrarietà alle azioni militari del governo israeliano; prima d’ora non era mai successo. Gli equilibri geopolitici e il corso della guerra ne saranno pesantemente influenzati.
Nel corso dei mesi precedenti, sin dallo scoppio di questa guerra, abbiamo messo in atto un vero e proprio programma di eventi itinerante lungo tutta la provincia di Taranto (Monteparano, Fragagnano, San Marzano, Maruggio, Taranto, Castellaneta, San Giorgio Jonico, eccetera). L’obiettivo era (ed è tutt’ora) garantire alla popolazione un’informazione differente dalla semplificazione manichea che certa stampa nostrana ha messo in pratica – non disinformazione, ma controinformazione. Il centro delle nostre discussioni con gli amici e i compagni tarantini è stata l’analisi poliedrica, musiliana per certi versi, del conflitto israelo-palestinese. Attraverso le lenti della storia, della geopolitica e del diritto internazionale, abbiamo dimostrato che il conflitto non è assolutamente iniziato il 7 ottobre, ma che affonda le sue losche, pelose radici nei secoli precedenti.
Orientati dalla stella polare del realismo pragmatico e dal metodo antidogmatico di ricerca, abbiamo dimostrato che lo Stato di Israele ha smesso d’essere vittima della volontà di sterminio etnico sin dalla sua nascita, e che ha perpetrato nel corso dei decenni atti di barbarie ignobili e degradanti. Lontani da ogni divisione manichea non ci siamo esimiti dalla spiegazione delle nefandezze compiute dal movimento di Hamas ai danni della popolazione civile israeliana, nonché dalla distanza culturale, umana e giuridica che separa i nostri popoli dai governi del Medio Oriente. La prospettiva d’analisi – al lettore attento non sarà necessario puntualizzarlo – disprezzava pugnacemente ogni equidistanza e, allo stesso tempo, ogni tifoseria schumpeteriana. Proprio perché il mantra di chi analizza, a nostro modo di vedere, dovrebbe essere solo uno: ricercare la verità attraverso le pieghe del reale, viaggiando alleggeriti dal peso dei propri stereotipi.
La risoluzione ONU per il cessate il fuoco a Gaza chiude per noi e per Gaza un capitolo, pur senza giungere all’epilogo di questa brutale, turpe faccenda. Così come da noi auspicato sin dal 7 ottobre, la soluzione della guerra di Gaza doveva necessariamente venire dall’attuale sistema di legalità internazionale. Solo così, attraverso un intervento sistemico e condiviso, sarebbe stato possibile coinvolgere ampie fasce della popolazione europea, statunitense e mediorientale, nonché i governi cinese e russo. Solo così la popolazione gazawi avrebbe avuto un’opportunità di non essere sterminata. La storia ci ha dato ragione.
Il Consiglio di Sicurezza si è pronunciato e ha prodotto nuovo diritto. Ora sarà necessario attuarlo, anche ricorrendo all’intervento dei caschi blu e all’utilizzo delle sanzioni internazionali (proprio come con la guerra di aggressione russa). Il nuovo capitolo che si apre si sorreggerà su un sottosuolo di interrogativi nuovi: come verrà gestita Gaza? in che modo i diritti della popolazione gazawi potranno essere tutelati? quale sarà il piano degli aiuti umanitari? sarà garantita la costituzione di uno Stato di Palestina?
La ricerca delle risposte sarà difatti la trama del nuovo capitolo che va aprendosi. E il tour itinerante che abbiamo iniziato, lungi dall’essere terminato, ha assunto da ora una nuova piega, un nuovo leitmotiv. Il nostro lavoro qui è appena cominciato.