Parlare di socialismo oggi appare come un qualcosa di anacronistico, questo è un dato preoccupante per definire una società nella quale via via si vanno perdendo diritti che erano costati sanguinose lotte nel corso degli ultimi due secoli. Di diritti si parla molto, ma di diritti dei lavoratori e delle lavoratrici ben poco, non conviene. Parole come padrone o proletario dagli anni ’80 ad oggi sono divenute quasi tabù, non rappresentative di un qualcosa che possa esistere in una società moderna e che pretende di sentirsi oramai affrancata dalle ingiustizie tout court.
Il problema è però che la lotta di classe, la lotta di genere, la lotta per il territorio e quella delle minoranze sono tutte interconnesse tra loro e non scindibili: la tutela dello svantaggiato e del debole a fronte del forte e prevaricatore è un concetto universale e senza tempo che sovente però fallisce purtroppo nelle sue applicazioni; è vero infatti che il concetto stesso di socialismo è stato spesso applicato a livello storico in maniera errata o addirittura tragica, a poco servirebbe negarlo.
Tuttavia buttare il bambino con l’acqua sporca non è mai cosa saggia: c’è molto bisogno oggi in una società occidentale sempre più ultraliberista ed ultracompetitiva di riscoprire un’idea differente di vita a partire dai testi originali: studiamo Saint-Simon, Marx, Mazzini, Gramsci, la dottrina bolivariana. Studiamo e cerchiamo di comprendere in primis, condividendo o meno, che un mondo diverso da quello che diamo per scontato oggi è possibile. Senza tabù.